sabato 20 ottobre 2007

Politica e informazione d'affari

Dalla mala-politica alla mala-informazione: eccoli i poteri forti


di Chicco Alfano
venerdì 19 ottobre 2007 - il pezzo è già su Ammazzateci tutti
Chicco AlfanoSoltanto se ti affacci alla finestra capisci di essere nel 2007, per la tecnologia che ci circonda, altrimenti la sensazione che si ha è la stessa che c’era nel 1992 poco prima delle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Dopo la persecuzione professionale nei confronti di De Magistris i poteri forti, i poteri occulti, quegli uomini che si spacciano per politici, hanno deciso di passare alla seconda fase: una busta con un bel proiettile, ovviamente con una stella a cinque punte per depistare le indagini, per dirgli chiaramente adesso basta.
La stessa identica cosa che capitò al povero Giovanni Falcone, che arrivato a toccare i veri comandanti, si ritrovò con vari deferimenti al CSM, con amici che lo tradirono al momento in cui si votò la sua nomina a procuratore capo di Palermo o quando, sciolto il pool, si ritrovò a dover combattere con l’allora Procuratore Capo che dimenticava di effettuare richieste di rogatorie o che addirittura lo relegava ad effettuare anticamere lunghissime.

Dopo passarono all’attentato dell’Addaura del 1989 quando nella residenza estiva di Giovanni Falcone fu trovato un borsone pieno di tritolo che però non era innescato, pochissimi attestati di solidarietà ma moltissime critiche da parte di quasi tutta la politica che paventava addirittura che Giovanni Falcone quell’attentato se lo fosse preparato da solo.
Fallita anche questa pratica iniziò il linciaggio morale con le famosissime lettere anonime che, si diceva venissero dall’interno della stessa procura di Palermo, attaccavano il giudice dicendo che usava la magistratura soltanto per scopi personali quali il ricatto ai fini di carriera in magistratura o addirittura carriera politica.
L’ultimo passaggio fù invece l’esplosivo in autostrada a poche centinaia di metri da Capaci che spense definitivamente la vita di un uomo che non sapeva dire SI a nessuno.
Andò meglio, si fa per dire, a Paolo Borsellino lui dopo il maxi processo capì subito il clima che si stava creando attorno a loro e decise di andare a lavorare a Marsala come procuratore capo.
Una procura che non si era mai occupata di mafia mentre lui aveva intuito il peso mafioso che Trapani aveva e decise di andarci.

Incominciò a scoperchiare le pentole, a ricostruire i passaggi, a dare un volto ai personaggi politici e non che spadroneggiavano in quella provincia che deteneva il primato italiano in proporzione al numero degli abitanti della presenza di banche cooperative agricole e di società finanziarie, capì immediatamente che la provincia di Trapani non era altro che una lavanderia di cosa nostra.
Anche lui fù oggetto delle stesse attenzioni di Giovanni Falcone e anche lui morì saltando in aria con il tritolo.
Oggi i poteri forti hanno capito che l’utilizzo del tritolo comporta soltanto delle seccature, quali il controllo massiccio del territorio, e lo sa bene cosa nostra dopo il periodo stragista del 1992 quando all’indomani della strage di via d’Amelio la Sicilia fu invasa dai militari dell’esercito impegnati nella famosissima operazione Vespri Siciliani” che durò per diversi anni.
Allora il sistema ha pensato di cambiare strategia: perché non fare una leggina che permette al Ministro di Grazia e Giustizia di turno di interferire nella attività della magistratura?

Detto fatto il nostro Ministro di Grazia, e basta perché di giustizia fino ad oggi non se ne è fatta ad eccezione di provvedimenti personali, decide di portare in aula il nuovo ordinamento giudiziario che alla fine non è altro che un grosso regalo fatto alle mafie e a tutti i politici beccati con le mani nella marmellata.
Prima vittima l’integerrimo De Magistris.
Un magistrato che non sta facendo altro che il suo mestiere per il quale è pagato, ma siccome ha toccato degli interessi molto forti e uomini influenti il nostro sistema politico ha deciso che doveva essere eliminato, non con il tritolo, semplicemente mandando degli ispettori presso la procura dove egli lavora.
Ispettori che alla conclusione della loro visita a Catanzaro concludono dicendo che questo magistrato deve essere rimosso con carattere d’urgenza.
Questa richiesta ha però provocato una reazione da parte di una parte della società civile che nessuno si sarebbe mai aspettato: la richiesta molto forte di non trasferire il magistrato.

Nasce così lo striscione “E ADESSO TRASFERITECI TUTTI”, sorretto dai fratelli Pecora durante il primo sit-in spontaneo davanti alla procura di Catanzaro all’indomani della richiesta da parte di Mastella sul trasferimento di De Magistris.
Parte una lettera di Sonia Alfano, sottoscritta anche da Salvatore Borsellino, in cui si chiede al capo dello stato il suo autorevole intervento per porre fine alla sgradevole presenza di Mastella nell’esecutivo di governo.
Nasce così la partecipazione di migliaia di ragazzi che con le loro firme, quasi cento mila tra cartacee ed online, chiedono al CSM di non toccare De Magistris.
Nella storia della Repubblica italiana non era mai successo che venissero prese le difese di un magistrato sottoposto a richiesta di trasferimento per incompatibilità ambientale da parte della società civile, si era invece abituati a riempire le piazze dopo che questi venivano assassinati.

Uccisi con cariche di tritolo, a colpi di mitra, con falsi incidenti dopo aver subìto linciaggi morali che avrebbero portato all’isolamento che è l’ anticamera della morte materiale.
Si è detto no, si sono organizzati banchetti per la raccolta firme anche in Sicilia dove purtroppo l’antimafia era diventata troppo parolaia e poco presente nelle piazze, troppo presente nei convegni passerella e poco presente nei quartieri degradati.
Abbiamo deciso in Sicilia di riportare,almeno un parte lo ha fatto, l’antimafia per strada e devo dire che la presenza dei ragazzi dei meetUp di Palermo è stata davvero fondamentale, ragazzi di venti anni che fortunatamente non hanno vissuto il periodo delle catene umane o peggio ancora quello di vedere le lacrime dei poliziotti, carabinieri e finanzieri quando vedevano i corpi dei loro colleghi fatti a brandelli dal tritolo.
Una mobilitazione che non accadeva da tantissimi anni.

Qualcuno rispondeva che avrebbe voluto firmare ma che aveva paura che se Mastella si fosse dimesso sarebbe caduto il governo.
Ma allora che cada questa governo che viene rappresentato da personaggi che nei loro armadi non contengono scheletri ma cimiteri, personaggi come lo stesso Mastella che è il testimone di nozze di un pentito di mafia, Francesco Campanella affiliato al mandamento di Villabate alle porte di Palermo, ragazzo intraprendente che è stato fino al 2003 il segretario nazionale dei giovani dell’UDEUR, lo stesso che approfittando della carica istituzionale di presidente del consiglio comunale di Villabate ha procurato la carta d’identità falsa a Bernardo Provenzano per potersi andare ad operare in Francia.
Lo stesso Mastella che nel 1974, per sua stessa ammissione, viene assunto presso la sede RAI di Napoli per raccomandazione diretta di Ciriaco De Mita e che un anno dopo si candida al parlamento nazionale e durante la pausa pranzo chiama dal centralino della RAI i sindaci dei comuni ricadenti nel suo collegio spacciandosi per il direttore generale che segnalava il baldo giovane.

Lo stesso che ci parla di moralità, la stessa storia del bue che dice cornuto all’asino.
Un politico che con il suo partito ha ottenuto l’1,5 % alle ultime elezioni e che tiene sotto minaccia questo governo precario.
O come la storia del Ministro Amato che si permette di tacciare di qualunquismo un ragazzo palermitano solo perchè gli ha chiesto, in occasione della commemorazione Falcone, di non fare entrare inquisiti e condannati nelle aule parlamentari.
Lo stesso ministro che decide di non prendere posizione sullo scioglimento del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto dopo che una commissione prefettizia di accesso agli atti gli dice, con una relazione di ben 143 pagine, che la situazione in quel comune è davvero inquietante, lo stesso ministro che in pieno periodo tangentopoli era il tesoriere del Partito Socialista Italiano, lo stesso partito di Bettino Craxi.

Ma purtroppo oggi non dobbiamo difenderci solo dalla mala politica, ma dobbiamo guardarci le spalle anche dalla mala informazione, da tutte quelle testate giornalistiche che sono serve della casta, ed ultimo esempio lampante lo abbiamo con il quotidiano Calabria Ora.
Il suo direttore Polichieni ha avuto l’ordine di caricare la penna di mirare e sparare addosso all’antimafia, addosso a chi combatte quotidianamente il malaffare mettendoci la faccia.
Un attacco fatto in malafede, sbagliando sapendo di sbagliare solo per ripagare i favori ottenuti nel tempo dai suoi amici politici calabresi indagati e condannati.
Se ne uscito con un articolo dal titolo a nove colonne in cui attacca il movimento Ammazzateci Tutti di aver preso un finanziamento dal consiglio regionale della Calabria per l’organizzazione del meeting legalìtalia, svoltosi ad agosto a Reggio Calabria, arrivando a conclusione che Aldo Pecora predica bene ma razzola male perché attacca il consiglio regionale della Calabria, che risulta essere il più inquisito in Europa, e poi ne richiede allo stesso finanziamenti.
È tutto totalmente falso e privo di fondamento.

Un buon giornalista prima di pubblicare le notizie dovrebbe andare a verificare ciò che intende pubblicare, a maggior ragione se la vittima è un movimento antimafia, ed evitare di fare magre figure, per non usare un altro termine, a meno che la notizia non la si vuole far passare così come è.
È qui scatta la malafede perché il sig. Polichieni sa benissimo che il finanziamento, che tra l’altro non è ancora arrivato, non è stato richiesto al consiglio regionale ma alla Giunta regionale e quindi ente diverso, bilancio e capitoli diversi ed anche un bambino che frequenta le scuole elementari è a conoscenza di questa separazione amministrativa.
Altra cosa il movimento non nasce per allevare candidati, ma nasce semplicemente dalla voglia di dire basta a questo sistema fatto di connivenza tra la politica la mafia e la massoneria che il direttore di Calabria Ora conosce benissimo dato che dopo aver avuto dei incidenti di percorso anni addietro con la giustizia, quali un arresto con conseguente processo, condanna in primo grado e assoluzione in secondo grado, a suo dire si professa vittima di un errore giudiziario o di chissà quale montatura contro di lui.
Se così fosse stato vero il Polichieni dovrebbe combattere questo sistema rimanendo accanto ai giovani Calabresi e non attaccarli perché altrimenti passa tutt’altro messaggio.
Ma siccome nelle vita sono abituato a guardare con sospetto tutto ciò che mi circonda, guardo con sospetto anche il direttore Polichieni , e penso che la sua malafede sia reale.
Caro direttore le voglio ricordare che Aldo Pecora non è solo ma ha alle spalle un movimento formato da tanti ragazzi, ha alle spalle familiari di vittime della mafia come Sonia Alfano, Rosanna Scopelliti il sottoscritto e tanti altri e mi creda non appoggeremmo mai un ragazzo che vorrebbe costruirsi la propria carriera politica sulle nostre spalle perché noi siamo stufi del sistema e siamo stufi dei servi del potere.

Le vorrei ricordare un’altra cosa: un vero giornalista la notizia non la costruisce al desk ma la insegue e si ricordi che a legalìtalia eravamo tantissimi e non poche decine come il suo giornale ha pubblicato, come del resto non ha pubblicato la notizia che il movimento ha aperto una sede anche in Lombardia, in Lombardia direttore, dove la mafia la ‘ndrangheta la camorra e la sacra corona unita rinvestono il loro denaro guadagnato illecitamente per ripulirlo.
Ma lei queste cose non le scrive perché non interessano né a lei né al suo Editore e su questo Sicilia e Calabria sono uguali perché anche da noi il buon Ciancio, padrone dell’informazione siciliana, si comporta come voi.

Noi non vogliamo essere l’antipolitica, noi vogliamo semplicemente far capire alla gente che la lotta alla mafia non si deve fare perché è opportuno per qualche poltrona ma perché e giusto farla per il futuro dei nostri figli e per rispettare tutti coloro che sono morti per combattere questa guerra.
Vorrei solo lanciare un appello a tutti: non attaccatevi troppo ai politici di turno perché ricordatevi che una volta le mafie si servivano della politica mentre invece oggi è la politica che ha bisogno delle mafie e la storia ce lo ricorda, quindi non abbiate paura di fare una scelta, unica e secca perché al contrario di quello che disse l’allora ministro Lunardi, con le mafie non si può e non si deve convivere, e non possiamo permettere alla politica di attaccare la democrazia o peggio ancora non possiamo permettergli di continuare a gestire il paese come se fosse una società privata.

Chicco Alfano


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