sabato 22 dicembre 2007

Tribunale di Cosenza accoglie il ricorso dell'imprenditore calabrese contro "La società sparente"

Il 19 dicembre, sciogliendo la riserva assunta nell'udienza dello scorso 12 dicembre, il giudice monocratico designato, del Tribunale di Cosenza, ha accolto un ricorso dell'imprenditore di San Giovanni in Fiore (Cosenza) Domenico Parrotta, ordinando ai resistenti - gli autori e l'editore di "La società sparente" - di acquistare le copie del libro rimanenti nelle edicole di San Giovanni in Fiore e non riconoscendo le esimenti del diritto di cronaca e di critica. Nel ricorso in questione, veniva chiesto il sequestro del testo o il depennamento delle pagine 164 e 165, in cui figurava il nome dell'imprenditore. Il giudice ha obbligato gli autori, Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, nonché l'editore, Neftasia di Pesaro, all'acquisto delle ultime copie della prima edizione del volume rimaste nel comune calabrese, ritenendo ciò utile, in via cautelare, a impedire ulteriore pregiudizio all'onore e alla reputazione nei confronti del ricorrente, ritenuti lesi in sede di procedimento ex art. 700 cpc.

Intanto, gli autori sarebbero stati querelati per diffamazione.

Secondo alcune voci, lo scorso 19 dicembre qualcuno avrebbe adito le vie legali nei confronti del giornalista Roberto Galullo, del quotidiano
Il Sole 24 Ore, per la trasmissione radiofonica del 6 dicembre Un abuso al giorno, toglie il codice d'intorno, dedicata alla vicenda del ricorso in questione.

Dopo il provvedimento del giudice designato, il legale dell'imprenditore Parrotta, Francesco Caputo, ha annunciato alla stampa una lunga battaglia, sicché gli autori di "La società sparente" ipotizzano ulteriori azioni in sede civile e penale nei loro riguardi.

Gli autori hanno ripetuto più volte, sulla stampa e in udienza, di non aver mai ritenuto il Parrotta autore di atti e comportamenti illeciti.
Ciò è stato espresso nella prima edizione del testo e più chiaramente nella seconda, appena uscita.

giovedì 6 dicembre 2007

"La società sparente" su Radio 24

Oggi, il programma di Radio 24 Un abuso al giorno, toglie il codice d'intorno si occupa di "La società sparente". Alle 6,45 e alle 18,45, la trasmissione condotta dal giornalista Roberto Galullo propone il caso della recente richiesta di sequestro del libro, con un'intervista a Emiliano Morrone e al sindaco di San Giovanni in Fiore (Cosenza), Antonio Nicoletti.

mercoledì 28 novembre 2007

Il deputato Angela Napoli prende posizione contro le gravi intimidazioni, minacce e pressioni nei confronti di Morrone e Alessio


Antimafia: l’onorevole Angela Napoli esorta gli autori di "La società sparente" a continuare la battaglia per l’emancipazione dalla ’ndrangheta in Calabria


In quella regione, certe cose, pare, non possono dirsi. Sarà un problema di suscettibilità dei calabresi. Si possono bilanciare il diritto all’onore con il diritto di cronaca e il dovere di combattere l’illegalità? Sono civili e democratiche le minacce e le intimidazioni? Perché bloccare chi lotta per una causa giusta e prioritaria?



In quella regione, certe cose, pare, non possono dirsi. Sarà un problema di suscettibilità dei calabresi. Si possono bilanciare il diritto all’onore con il diritto di cronaca e il dovere di combattere l’illegalità? Sono civili e democratiche le minacce e le intimidazioni?

Dopo la richiesta di sequestro del libro "La società sparente", del caso si sono occupati Franco Abruzzo sul suo sito, Radio 24, Radio Rai, Adnkronos, Img Press, Estense, Radio Spazio Aperto, "Il Quotidiano della Calabria", Giuseppe Scano di Censurati.it, il blog Giustizia-Perseo, Rete per la Calabria, Movimento del Sole, Calabria libre e molte altre testate giornalistiche e movimenti per la legalità e la giustizia.

E’ di oggi un intervento dell’onorevole Angela Napoli, membro della Commissione parlamentare Antimafia, che sotto si riporta. Il deputato riflette su quanto sta avvenendo contro il libro e i suoi autori: minacce (il 26 ottobre ad Alessio, il 12 novembre a Morrone, con denuncia ai carabinieri), intimidazioni, pressioni.

In ordine alla suddetta richiesta di sequestro, la medesima si oppone al mero racconto di fatti di cronaca in Calabria, risalenti al 1997.

"La società sparente" è un libro che racconta il malaffare in Calabria per episodi, documentati attraverso indagini, atti parlamentari, interviste a politici e dirigenti pubblici, lettere di assessori regionali della Calabria al governatore Loiero, atti pubblici e notizie della stampa nazionale.


L’intervento dell’onorevole Angela Napoli


(28/11/2007) - Appaiono gravi e preoccupanti gli atti intimidatori subiti da Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, autori del libro “La società sparente”.

Il libro racconta l’obbligata fuga dalla terra d’origine, causata, quasi sempre, dal mondo politico calabrese colluso ed affaristico, e non certamente garante delle esigenze della collettività. Nel libro, con grande coraggio, gli autori denunciano ciò che, a partire da San Giovanni in Fiore, sta avvenendo in Calabria in termini di malaffare, corruzione, traffici illeciti e di rapporti tra ‘ndrangheta e politica.

Vengono analizzate parte delle cause che hanno contribuito a rendere la ‘ndrangheta l’organizzazione criminale più potente e più pericolosa. Probabilmente le storie ed i fatti descritti nel libro non sono piaciuti a qualche “protagonista”, il quale ha pensato bene di mettere in atto tentativi per scoraggiare ed isolare coloro che sentono il dovere morale di abbattere quel muro, dietro il quale si intrecciano e si proteggono i vari interessi.

Non ama certo il proprio Paese chi ha paura delle verità, anche e soprattutto di quelle che fanno maggiormente male! Nell’esprimere la mia sincera solidarietà a Emiliano Morrone e a Francesco Saverio Alessio, li sollecito a continuare nella loro meritoria opera, al fine di contribuire a quella rivoluzione culturale necessaria a creare un futuro di speranza per i nostri giovani.

Roma, 28 novembre 2007

Angela Napoli

lunedì 19 novembre 2007

Ricorso al Tribunale di Cosenza per il sequestro di "La società sparente"


Calabria

Chiesto il sequestro del libro "La società sparente". Tensione e pericolo per gli autori

Un ricorso per il sequestro di “La società sparente”, libro sui rapporti fra ’ndrangheta e politica in Calabria (Neftasia, Pesaro, 2007, prefazione di Gianni Vattimo e Angela Napoli) scritto da Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, è stato presentato lo scorso 5 novembre al Tribunale di Cosenza, notificato agli autori e all’editore a metà del mese. Nel ricorso, scritto dall’avvocato Francesco Caputo a nome dell’imprenditore Domenico Parrotta, si chiede al giudice di sequestrare il libro o levare le pagine 164 e 165, ritenute lesive della reputazione di Parrotta.

Si chiede, inoltre, di proibire la presentazione del volume, a San Giovanni in Fiore (Cosenza), a Cosenza o nei dintorni, prevista lo scorso 11 novembre. Questa presentazione, altrimenti evitata a San Giovanni in Fiore, ha invece avuto luogo in un albergo appena fuori del comune calabrese. Il giudice di merito ha fissato un’udienza il prossimo 12 dicembre, rilevando l’avvenuta immissione in commercio del libro, già prima del deposito del ricorso.

Gli autori hanno subìto minacce nei giorni scorsi: Alessio il 26 ottobre e Morrone il 12 novembre. Il giornale “Il Quotidiano della Calabria” ha riportato delle dichiarazioni di Morrone, in un articolo a pagina 24 del numero del 3 novembre, sull’esistenza di forti pressioni ed episodi contro la diffusione e discussione del libro nell’area silana, di cui gli autori sono originari.

«Il clima che stiamo vivendo - dice Emiliano Morrone - è tremendo: prima minacce, poi forme di boicottaggio, poi altre minacce e, infine, un ricorso per il sequestro di “La società sparente”». «Peraltro - prosegue il giornalista - nel nostro libro abbiamo anche riportato alcune vicende già note e ci siamo ben guardati dall’accusare chicchessia, tutelando pienamente, in casi specifici, la reputazione di soggetti contro cui non vi sono elementi di prova». «Che cosa si può raccontare di questa Calabria distrutta dalla ’ndrangheta e da una politica irresponsabile?», si chiede Morrone, che aggiunge: «Tentano di isolarci come hanno fatto per Aldo Pecora e il pm Luigi De Magistris. Alessio e io siamo ora in grave pericolo, ma abbiamo la vicinanza di “Ammazzateci tutti”, della “Rete per la Calabria”, di Salvatore Borsellino, di Gianni Vattimo, dei deputati dell’Antimafia Angela Napoli e Giacomo Mancini e del parlamentare Franco Laratta». E ancora: «Adottano la classica stragia della tensione. Non temo per me, ma per la mia famiglia. Mia madre è una cardiotrapiantata, qualcuno vuole farle scoppiare il cuore. Sappiamo bene i limiti del diritto di cronaca e della libertà di opinione; per questo, abbiamo scritto con correttezza e rispetto».

Alessio sostiene che «non è ammissibile quanto sta avvenendo» e che «le istituzioni non possono più rimanere immobili e in silenzio». Per Alessio, «adesso dovrebbe intervenire il governatore Loiero, anche perché, come me e Morrone, ha ricevuto gravi intimidazioni». «Loiero, che rappresenta tutti i calabresi, ci metta - precisa Alessio - nelle condizioni di vivere tranquilli e non denunci solo il suo isolamento personale».

venerdì 16 novembre 2007

E adesso Mastella quereli anche me

già sul sito di Ammazzateci tutti



di Salvatore Borsellino
venerdì 16 novembre 2007
Clemente MastellaRicevo da Benny Calasanzio la lettera allegata, una lettera piena di dignita’ e di disgusto per l’ultima, inaccettabile esternazione del signor Clemente Mastella, mi ripugna adoperare per questo personaggio il titolo di Ministro della Repubblica, che ha annunciato di avre intenzione di querelare Beppe Grillo per le sue dichiarazioni al Parlamento Europeo e di volere devolvere gli eventuali proventi di questa querela ai familiari delle vittime della mafia.
La minaccia di querela e’ uno spauracchio che viene ormai correntemente usato come surrogato degli “avvertimenti mafiosi” da poltici che hanno dimestichezza con questo tipo di procedure, per cercare di tacitare le accuse che loro rivolte da giornalisti, scrittori, presentatori e anche persone comuni che scrivono in rete e sui blog.

Lo stesso signor Mastella, non molto tempo fatto non trovò di meglio per replicare alle accuse che gli avevo rivolte con lettere aperte pubblicate in rete e nel corso della trasmissione di Anno Zero che ricordarmi di “avere fatto concedere la pensione alla famiglia Borsellino”.
In quella occasione replicai in primo luogo al signor Mastella che non si tratta della “concessione” di un Ministro, ma di un “riconoscimento” da parte dello Stato, ma probabilmente lo stesso signor Mastella e’ troppo abituato alle consuetudini clientelari per afferrare la differenza.
In secondo luogo che, per quanto mi riguarda, oltre a non essere ovviamente beneficiari di alcuna pensione, ho persino rinunciato a richiedere la “provisionale” che avrei potuto richiedere come parte civile nel processo per l’assassinio di mio fratello perche’ quello che mi aspetto dallo Stato è solo Giustizia e non provvedimenti economici.
Ma probabilemte il signor Mastella non e’ competente neanche in fatto di Giustizia e quindi non ha ritenuto di darmi una risposta.

Per finire poi ricordo allo stesso signor Mastella che nelle sue afferrmazioni fatte al Parlamento Europeo Beppe grillo non fa altro che riportare quanto da me gia’ affermato in un lettera aperta del 20 Settembre nella quale affermavo, tra l’altro :
Ieri era stato necessario uccidere uno dopo l’altro due giudici che da soli combattevano una lotta che lo Stato Italiano non solo si è sempre rifiutato di combatter ma che ha spesso combattuto dalla parte di quello che avrebbe dovuto essere il nemico da estirpare e spesso ne ha armato direttamente la mano.
Oggi non serve più neanche il tritolo, oggi basta,alla luce del sole, avocare un’indagine nella quale uno dei pochi giudici coraggiosi rimasti stava ad arrivare al livello degli “intoccabili”, perché tutto continui a procedere come stabilito.
Perché questa casta ormai avulsa dal paese reale e dalla gente onesta che ancora esiste, anche se colpevole di un silenzio che ormai si confonde con l’indifferenza se non con la connivenza, possa continuare a governare indegmanete il nostro paese e a coltivare i propri esclusivi interessi in uno Stato che ormai considera di propria esclusiva proprieta’.
Oggi basta che un ministro indegno come il signor Mastella ricatti un imbelle capo del Governo, forse anche egli coinvolto nelle stesse vicende, minacciando una crisi di governo, perchè tutta una classe politica faccia quadrato intorno al suo degno rappresentante e il messaggio arrivi forte e chiaro ai vertici molli della magistratura

Ecco quanto ho scritto e riaffermo.

Se il signor Mastella ritiene di dover querelare per le sue fasi Beppe Grillo, lo prego di fare la stessa cosa anche nei miei confronti, mi potrà così poi devolvere, come familiare di una vittima della mafia, una parte dei proventi che gli deriveranno dalla messa in pratica del suo “avvertimento”.
Alla lettera di Benny Calasanzio non ritengo di poter aggiungere altro se non che mi associo alla sua richiesta fatta per conto della propria famiglia.
E’ cosi’ piena di dignità offesa e di disgusto per le squallide dichiarazioni dei politici cui fa riferimento che ogni altra parola sarebbe superflua.

Salvatore Borsellino
fratello del magistrato Paolo Borsellino



Mi ritrovo qui, ad un anno di distanza, a scrivere una lettera dai contenuti identici a quella dell’anno prima.
Devo di nuovo scendere in campo per difendermi e per difendere la mia famiglia, soprattutto mio nonno e mio zio che oggi non ci sono più e non possono farlo da soli.

Un anno fa scrivevo al presidente della regione Sicilia, Cuffaro, per chiedergli di tenersi stretti i volgari denari che gli sarebbero pervenuti dai processi vinti contro i suoi diffamatori anziché devolverli alle famiglie delle vittime di mafia.
Non fosse altro perché egli stesso era indagato per mafia.

E un bracconiere che sostiene il Wwf non sarebbe stato credibile.
Oggi devo di nuovo intervenire e ricordare, questa volta al ministro della giustizia Mastella, che i familiari di vittime di mafia non sono una merce elettorale, né un modo per giustificare querele per diffamazione e farle sembrare più buone.

E’ di oggi infatti, la notizia che il ministro Mastella querelerà Beppe Grillo per delle sue dichiarazioni, è devolverà ai familiari di vittime di mafia l’indennizzo che prevede di percepire.

E’ squallido l’atteggiamento e la mentalità di personaggi come Mastella, che si scomodano e ci chiamano in causa per promettere spiccioli a quelli che forse vedono come morti di fame che elemosinano, dimenticandosi che non è di denaro che abbiamo sete, ma di giustizia e di verità, anche in casi che nulla hanno a che fare con i nostri personali trascorsi ma che ci darebbero speranza per il futuro, come quello De Magistris. E io e la mia famiglia oggi siamo stanchi di subire queste reiterate offese alla nostra dignità e a quella dei nostri cari che sono stati uccisi da un’associazione criminale chiamata mafia, ma anche da uno stato che non ha saputo proteggere un uomo come mio nonno che cercava verità per il figlio ucciso, a cui ha concesso solo una pistola per difendersi.

Sono disgustato e fatico a rimanere composto e a mantenere un linguaggio degno della memoria dei miei parenti, ma la rabbia, l’indignazione verso un personaggio come Mastella, che si eleva a nostro paladino è tanta, e questa volta non tollereremo questo ennesimo atto di sprezzante carità.

Ci ha provato Cuffaro, adesso Mastella.
Ma perché in Italia è così difficile essere lasciati in pace, lontani da becere diatribe politiche, a condurre una personale lotta per la memoria, per il ricordo dei propri cari e di tutti quelli che come loro credevano e sono morti per la giustizia.

Perché non si può rimanere da soli, ad assimilare e metabolizzare un dolore che ci ha sconvolto l’esistenza?
Ho capito che in Italia non si può. Ogni giorno dobbiamo subire un “nuovo arrembante” che getta fango su delle famiglie che per colpa della mafia ancora piangono.

Ogni giorno un nuovo eroe che si mette in bocca parole su cui invece dovrebbe riflettere e fare mea culpa.
Un giorno ci tocca sentire il presidente dell’assemblea siciliana Miccichè dire che è un brutto simbolo intitolare l’aeroporto di Palermo a Falcone e Borsellino perché ricordano la mafia.

Quello dopo un ministro della repubblica indagato abuso d’ufficio, finanziamento illecito dei partiti e truffa che vuole diventare nostro azionista e darci i soldi di Beppe Grillo, colpevole di salvaguardare a Strasburgo un giudice che lui vorrebbe fuori gioco.

Il rispetto, il senso dello stato non si vende e non si compra, per diamine.
Io sono stanco, sfiancato.
Sono stanco di dovere difendere i miei parenti non da mafiosi o criminali, che sarebbe anche una mia prerogativa e una scelta di vita che ho fatto, ma da gente che dovrebbe far di tutto per starci accanto e per aiutarci.

Ma come ci si può permettere di parlare di soldi, di fare i gradassi su questioni così delicate.
La famiglia Calasanzio rifiuta formalmente ogni contributo, ogni centesimo proveniente da queste fonti, non perché siamo ricchi od arroganti, ma perché abbiamo vissuto una tragedia che ci ha duramente messi alla prova, e perché vorremmo solo una buona politica, un impegno serio per stare accanto a quelle famiglie come la nostra che sono state colpite da un associazione criminale.

La dignità non si compra, caro ministro, continui per la sua strada, lasciandoci in pace, perché siamo gente onesta, modesta e composta, che non vogliamo mai essere confusi con chi fa la guerra alla magistratura democratica che porta avanti le proprie indagine con rispetto sia per la parte offesa che per gli indagati.

Una magistratura che mai ci ha giovato, regalandoci solo una condanna per il killer di mio nonno e tanta sofferenza, ma che nonostante questo mai ci sentiremmo di attaccare e demonizzare, perché rappresenta la giustizia, l’unica e l’ultima cosa in cui crediamo.
Benny Calasanzio

giovedì 15 novembre 2007

Emiliano Morrone minacciato dal figlio di un politico a San Giovanni in Fiore

Il giornalista Emiliano Morrone, autore con Francesco Saverio Alessio del libro “La società sparente” (Neftasia Editore, 2007, prefazione di Gianni Vattimo e Angela Napoli), sui rapporti fra ’ndrangheta e politica in Calabria, ha ricevuto a San Giovanni in Fiore (Cs) una minaccia verbale dal figlio di un politico citato nel testo. Questi, intorno alle 11 del 12 novembre, ha seguito con la sua automobile il giornalista, già in compagnia di un amico. Accostatosi ai due, parcheggiati nei pressi d’una banca, ha detto a Morrone: «Tu non sai quello che ti faccio, non ne hai idea, adesso non ti posso toccare ma vedrai che cosa ti succederà, aspettati di tutto». Morrone è poi entrato in banca e all’uscita ha saputo che l’autore della minaccia era ritornato al parcheggio per accertarsi, presso l’amico del giornalista, che lo stesso avesse chiaramente afferrato il messaggio. Denunciata la minaccia ai carabinieri del posto. Emiliano Morrone, che vive fuori della Calabria, era ritornato domenica a San Giovanni in Fiore, suo comune d’origine, per presentare “La società sparente” assieme a Francesco Saverio Alessio, minacciato a sua volta il 26 ottobre scorso. La presentazione del libro, avvenuta domenica 11 novembre e seguita da centinaia di persone, era stata caratterizzata da grande sostegno popolare della denuncia nel testo. Presenti Angela Napoli, membro della Commissione parlamentare antimafia, e Salvatore Borsellino, durante il dibattito s’era fatto riferimento, peraltro, a un “doppio omicidio della ’ndrangheta, procurato - per Morrone - anzitutto dal silenzio della società locale”. Nel libro, la ’ndrangheta è descritta come fenomeno prodotto dai rapporti interni alla società e dai ricatti di un potere, politico e massonico, che in Calabria produce assistenzialismo, dipendenza, silenzio e complicità. Emiliano Morrone ha definito «inaccettabile l’accaduto, indicativo di rifiuto individuale della legge e della convinzione di essere impunibili, se si hanno buone coperture politiche». Morrone ha poi aggiunto: «Alessio e io siamo nel mirino di un network del malaffare e, se dovesse capitarci qualcosa, riterremo responsabili morali, se non materiali, esponenti di vertice della politica calabrese».

giovedì 8 novembre 2007

Domenica 11/11 "La società sparente" sarà presentato a San Giovanni in Fiore. Interventi: Borsellino, Napoli, Mancini, Laratta, Pecora, Vulpio e altri



Domenica 11 novembre sarà presentato alle 15,30 presso l’Hotel Biafora, vicino San Giovanni in Fiore (Cs), il libro su ‘ndrangheta e politica “La società sparente” (Neftasia Editore, Pesaro, 2007, prefazione di Gianni Vattimo e Angela Napoli), di Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio.

All’appuntamento, interverranno Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, Aldo Pecora, del movimento antimafia “Ammazzateci tutti”, Giorgio Durante, fondatore dell’associazione “Calabria libre”, i deputati Angela Napoli e Giacomo Mancini, membri della Commissione parlamentare Antimafia, Carlo Vulpio, giornalista del Corriere della Sera, Massimo Tigani Sava, direttore del quotidiano calabrese Il Domani, il parlamentare Franco Laratta e gli stessi autori.

Morrone e Alessio avevano rinunciato a discutere il libro a San Giovanni in Fiore, comune di cui sono originari, dopo episodi preoccupanti: minacce a casa di Alessio il 26 ottobre scorso, impedimenti a presentare per causa di forti pressioni, anomalie negli ordini in zona e la diffusione presso alcune librerie della falsa notizia del ritiro dal commercio del volume. Dopo questi accaduti, Franco Abruzzo, già presidente dei giornalisti della Lombardia, ha lanciato un appello sul suo sito, invitando a reagire.

Come segno di resistenza alle intimidazioni ricevute, gli autori hanno deciso comunque, in ultimo, di presentare “La società sparente” a San Giovanni in Fiore.

Il libro è, sulla scia di “Gomorra” di Roberto Saviano, un’indagine a tutto campo sul binomio politica-’ndrangheta, una denuncia nominativa, diretta e spietata che parte dalla descrizione di logiche clientelari e anomale operazioni elettorali anche a San Giovanni in Fiore.

Un libro/testimonianza che fa il punto, poi, sulle inchieste del pm Luigi De Magistris, sugli inquisiti nel consiglio regionale calabrese e su un contesto che in Calabria produce nuova emigrazione, miseria sociale e affari d’oro per potentati occulti, grazie anche alla sottrazione di fondi europei destinati allo sviluppo della regione.

Adele Della Sala, Ufficio stampa Neftasia Editore

martedì 6 novembre 2007

Calabria: minacce, impedimenti, intimidazioni e pressioni contro gli autori di "La società sparente"


Ci vogliono morti. Fuori metafora. Uscito "La società sparente", che inquadra il malaffare, l’impotenza e la subordinazione in Calabria, a San Giovanni in Fiore (Cs), comune di cui Francesco Saverio Alessio e io siamo originari e del quale abbiamo parlato nel nostro libro, vogliono la testa di entrambi. Possibilmente da usare come una palla da calcio.

Con grande ingenuità, pensavo che le minacce, le maledizioni e gli insulti ricevuti soprattutto in quel comune dovessero qualificarsi come larga reazione indispettita, maturata in una cultura tipicamente provinciale. Rumore di borgo.

Ma mi sbagliavo. Qualcuno, vicino a Nando Dalla Chiesa e a Elio Veltri, mi ha detto che "la denuncia d’un potente network di criminalità, sostenuta poi dalla prefazione di Giannni Vattimo e Angela Napoli, costerà", a me e ad Alessio, "sicure e pesanti ritorsioni nel lungo periodo". "Avete tagliato la coda e le unghie al diavolo e ad alcuni diavolini; ora dovete proteggervi".

Voglio avvertire che, in pochi casi, Alessio e io abbiamo riportato voci di sospetti. Da ciò, alcuni vorrebbero rilevare in giudizio, pare, una nostra intenzione diffamatoria.

Ma è bene, da subito, che una cosa si chiarisca e rimanga per iscritto.

Per prudenza e deontologia, abbiamo voluto esplicitamente considerare queste voci per quello che sono, cioè delle voci. E nel nostro libro abbiamo precisato che i fatti sono, invece, ben altro; levando di mezzo, e a chiare lettere, l’idea che i destinatari delle stesse debbano ritenersi colpevoli di reati di cui, in realtà, non esistono prove.

Insomma, nella ricostruzione dei fatti, abbiamo salvaguardato gli interessati in parola, tutelandone l’onore, il decoro e la dignità.

Fermo restando che è sempre il giudice a stabilire, ove ci siano concreti elementi d’accusa, nella fattispecie esclusi espressamente e a priori, ogni responsabilità di merito.

Ci stanno segnalando, in questi giorni, che sono già state presentate cinque o sei querele verso Alessio e me. Se è vero, né io né Alessio abbiamo ricevuto notifiche, sono proprio contento: la magistratura potrà farà luce su molte cose ancora nell’ombra, in Calabria.

Sappiano i tanti spargitori di fumo che gli autori di "La società sparente" non sono da soli. Anzi.

Comunque, ogni cosa a suo tempo.

"La società sparente" è un saggio piuttosto articolato su ’ndrangheta e politica in Calabria. C’è un’esposizione anche sociologica e filosofico-politica, una descrizione dei rapporti di forza nel contesto calabrese, sostenuta da varie fonti teoriche, che fa comprendere perché quella regione patisce il dominio d’una diffusa e perniciosa illegalità di sistema.

Nomi e fatti dell’orrore in Calabria non sono risparmiati. Ci sono, per esempio, rapporti fra ’ndrangheta, politica e massoneria, la strage di Duisburg, le inchieste di De Magistris e lo scambio di voti e la perpetuazione dell’assistenzialismo. Cioè i sistemi che mantengono al potere lo stessa lobby politica di sempre.

Non potevamo omettere una questione fondamentale. Spesso, in Calabria talune rivelazioni importanti non si danno ai tutori dell’ordine pubblico, a chi può investigare e procedere a garanzia della giustizia e sicurezza. A livello generale, si preferisce riferire alla stampa, piuttosto che ai carabinieri o alla polizia.

Questo comportamento può ritenersi originato da una sfiducia collettiva verso gli apparati preposti dello Stato. Il che, a stima della realtà, non va sottovalutato.

Io rimango di pietra quando ascolto le parole di Rosanna Scopelliti, figlia del giudice Antonio, ucciso dalla mafia nel 1991, che ancora non può avere giustizia effettiva. Così resto, quando alti rappresentanti istituzionali fingono strumentalmente di non sapere chi è Rosanna Scopelliti o Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, ammazzato brutalmente dalla criminalità.

Torno sugli ultimi fatti riguardanti "La società sparente" perché è necessario. In un momento, poi, in cui le intimidazioni e le pressioni toccano la magistratura, con l’obiettivo di minarne l’autonomia e l’indipendenza. Quella di Forleo e De Magistris in primo luogo.

Andiamo con ordine. Prima arriva ad Alessio un biglietto di minaccia, il 26/10, guarda caso lo stesso giorno in cui il libro approda a San Giovanni in Fiore.

Poi, mi telefona un amico e mi dice che una libreria di Crotone "riferisce ai lettori che il libro è stato ritirato dal commercio".

Verifico personalmente. Mi fingo giornalista fuori sede, interessato a recensire e a Crotone di passaggio. Chiamo la libreria. Cito, per essere credibile, un recente articolo sul libro pubblicato dal bisettimanale "il Crotonese" e passo al sodo: "Devo acquistare il volume da recensire". Mi rispondono al telefono: "Risulta ritirato dal commercio fino al 26 ottobre". Domando di sapere che cosa significhi "ritirato dal commercio".

Indago e il mio interlocutore, forse in dubbio, replica: "Il libro non è recente (uscito, invece, il primo ottobre 2007, ndr). Sarà in ristampa. O staranno rifacendo la copertina". Scavo ancora e mi ribatte: "Ma ora (28 ottobre, ndr) è nuovamente in vendita".

Il 31/10, una persona molto attendibile ci fa sapere che qualcuno si sta muovendo per impedire che "La società sparente" venga discusso a San Giovanni in Fiore. La presentazione è prevista domenica 11 novembre presso una sala convegni. Aggiunge che la medesima persona "sta cercando di bloccarne la diffusione nelle librerie di zona".

Il primo novembre, i proprietari della sala mi informano che i servizi pubblici sono inagibili: dei ragazzini li hanno danneggiati - dicono - durante una festa.

Impossibile, quindi, sottolineano, un ripristino dei bagni per giorno 11. Chiedono: "Non si potrebbe rinviare alla prossima domenica o a quell’altra?". All’appuntamento partecipano Salvatore Borsellino e altri che arrivano da Milano e Roma. Dico, quindi, che un rinvio non è possibile. Io vivo fuori della Calabria.

Un signore si precipita a verificare lo stato dei luoghi e scopre che i bagni sono funzionanti. Ammonisce i proprietari e li invita a "retrocedere, confermando la sala ad Alessio e Morrone".

La risposta, a questo punto, è: "Non si può, fuori uso il quadro elettrico".

Allora, pensiamo a ragazzini vivacissimi o a personaggi poco furbi, dato che il 4 novembre c’è, nello stesso posto, un convegno di Forza Italia, confermato dalla tv locale nel tg serale del 2/11.

Il 3 novembre, esce un articolo sul giornale "Il Quotidiano della Calabria". Riporta in sintesi i fatti qui esposti, accennando, con l’uso del plurale, alla suddetta vicenda della libreria. Infatti, non sarebbe stata la sola ad aver informato del ritiro del libro dal commercio. Il che è ovviamente falso.

Il 3 novembre, intorno alle 11, l’organizzatore del convegno di Forza Italia mi telefona e ribadisce d’avermi mandato una mail, il giorno prima, con un comunicato sull’appuntamento. Mi precisa che si tiene nella sala in questione. Mi chiede di pubblicare il comunicato su "la Voce di Fiore". Lo faccio subito.

Verso le 13, lo stesso organizzatore riceve una telefonata dai proprietari della sala e apprende che non può svolgere la sua iniziativa per inagibilità dei bagni.

Ieri, mi chiama Stefania Campanelli, il mio editore, e mi segnala che il 3 novembre scorso è pervenuto il fax di un libraio al distributore. C’è scritto qualcosa del tipo "ritiro l’ordine per motivi personali". L’ordine, di sessanta copie del testo, è del 2 novembre.

Peraltro, conosco il libraio in questione. E so che è persona garbata, gentile, disponibile e pulita.

Mi sforzo di capire. So che il giornalista Franco Abruzzo ha mandato migliaia di e-mail a colleghi, informandoli di ciò che sta capitando a me e ad Alessio.

Su Internet, trovo moltissimi siti, la mattina del 4 novembre, che riportano un nostro comunicato fatto girare dallo stesso Abruzzo e presente nel suo sito, con un accorato appello alla categoria.

Il 4 novembre, il distributore chiama il libraio, che durante la conversazione decide di riprendere le copie.

Faccio altrettanto, appena dopo. Il libraio mi sottolinea che la ragione dell’annullamento "sta nelle condizioni poste dal distributore" e spontaneamente precisa di non avere "nulla a che fare con le cose lette in un articolo" dei giorni scorsi (il riferimento è al pezzo del 3 novembre su "Il Quotidiano della Calabria", ndr).

Saluto e penso. Ancora penso. Ma non ho il polso della situazione, essendo lontano dalla Calabria.

Ho raccontato tutto, credo, con molta onestà intellettuale e sincerità. Ognuno potrà fare la sua valutazione.

Tre considerazioni, dopo questi fatti.

1) In Calabria è pressoché impossibile seguire gli sviluppi di ciò che accade: ci si ritrova in mezzo a reticenze e a rapporti troppo personali perché le informazioni vengano fornite senza coperture o finzioni;

2) impedire la divulgazione e la discussione di un libro è solo grottesto in Calabria e gravissimo altrove;

3) date queste premesse, l’indagine e la denuncia sono destinate a morire sul nascere in Calabria, se non c’è una tensione etica e una vigilanza critica con cui si distingua scena e verità, pretesto e realtà.

Per ultimo, domando a chi legge se le storie qui narrate sono da bollarsi come quisquilie d’una periferia qualunque o se, invece, non siano indicative d’un profondo male interno alla società calabrese. Che si traduce in una larghissima partecizione all’oscurantismo e nell’immediata esecuzione delle volontà di qualche signorotto o innominabile. Lo stampo mi sembra indubbiamente mafioso.

E mi chiedo se non siano proprio vicende come quelle sopra esposte a nascondere, dietro l’apparenza di un’idiozia fatale, situazioni, organigrammi e presenze di ben altra levatura.

Scrivete pure i vostri commenti sul forum della pagina o inviando una mail a emiliano.morrone@libero.it.

Potenti e potenticchi di borgata o d’altro rango sappiano che qui non temiamo nessuno. Perché nessuno è al di sopra della legge. E nessuno è al di sopra della coscienza.

Genova, 5 novembre 2007

Emiliano Morrone

venerdì 2 novembre 2007

Il libro "La società sparente" non può essere presentato a San Giovanni in Fiore. Qualcuno non vuole. Strane vicende in Calabria attorno al volume


Lo scorso 26 ottobre, lo scrittore Francesco Saverio Alessio ha ricevuto presso la sua abitazione di San Giovanni in Fiore (Cs) un biglietto con scritto, in ritagli di giornale, «attento alle tue mosse, taci». Lo scrittore ha ipotizzato un collegamento con alcune sue dichiarazioni successive all’uscita del libro “La società sparente” (Neftasia editore, Pesaro, 2007), su ‘ndrangheta e politica.

Il volume, scritto con il giornalista Emiliano Morrone, analizza alcune cause dell’espansione della criminalità organizzata calabrese, raccontando storie e protagonisti, fino alla strage di Duisburg e alle inchieste del pm De Magistris, di quanto in Calabria sta avvenendo dopo l’uccisione di Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale.

Emiliano Morrone aveva riferito, durante la presentazione in Campidoglio del libro, il primo ottobre scorso, d’una serie di collegamenti fra la massoneria e l’inchiesta “Why not” condotta dal pm Luigi De Magistris, al quale le indagini sono state di recente avocate dal procuratore generale reggente di Catanzaro, Dolcino Favi.

In seguito, durante il sit-in del Comitato pro De Magistris davanti alla sede del Consiglio superiore della Magistratura, i due si erano esposti, a distanza di una settimana, descrivendo rapporti fra centri di potere e la ’ndrangheta e sostenendo in modo documentato che recenti scelte amministrative sull’organizzazione regionale della sanità e della forestazione calabrese sono state compiute per allargare clientele e consenso elettorale.

Avevano aggiunto, dandone indicazioni, che ci sono legami fra politici di spicco calabresi e campani, finalizzati a finanziare attività di riciclaggio e copertura gestite dalla camorra, con la collaborazione di gruppi massonici. Ricevuto il biglietto, Alessio ha detto che «il clima è torbido e confuso, quindi occorre non spaventarsi ma nemmeno sottovalutare». Morrone ha sottolineato, poi, che «serve un sostegno morale, corale e istituzionale, per evitare l’isolamento di scrittori scomodi che denunciano i rapporti tra politica e mafia nel profondo Sud». Ma pochi hanno raccolto l’appello: solo alcuni quotidiani calabresi hanno dato la notizia dell’episodio capitato ad Alessio.

Solidarietà dalla rete “Per la Calabria”, che riunisce vari movimenti di lotta alla ’ndrangheta, a partire dai giovani di “E adesso ammazzateci tutti”. La Rai regionale, come la tv di San Giovanni in Fiore, comune simbolo dell’assistenzialismo statale, non ha accennato all’accaduto, né dalla politica è pervenuta condanna pubblica del gesto.

Dopo la minaccia, gli autori di “La società sparente” hanno anticipato all’undici novembre la presentazione del libro in quel comune, prevista, invece, per il prossimo dicembre. Immediata la disponibilità a partecipare da parte di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, di Rosanna Scopelliti, figlia del giudice Antonio, di Aldo Pecora, portavoce del movimento antimafia “E adesso ammazzateci tutti”, di Giorgio Durante, fondatore di “Calabria libre”, e dei deputati Giacomo Mancini (Sdi), Franco Laratta (Pd) e Angela Napoli (An), membro della Commissione parlamentare contro il fenomeno mafioso.

Avuta, in proposito, la disponibilità d’una sala privata da imprenditori locali, Alessio e Morrone hanno poi ricevuto disdetta «per inagibilità dei servizi pubblici, causata da adolescenti» durante una festa recente.

In realtà, ci sono state forti pressioni, a riguardo, da parte di un terzo imprenditore citato in “La società sparente”, peraltro non accusato dagli autori e, anzi, tutelato. Questo imprenditore ha riferito a persone vicine che avrebbe «impedito in tutti i modi la presentazione del libro a San Giovanni in Fiore» nel posto in questione e avrebbe «querelato gli autori, considerando nemici quanti con loro saranno solidali».

Da una verifica, i bagni del locale risultano funzionanti.

Nei giorni scorsi, la proposta di un funzionario comunale di inserire “La società sparente” nella settimana di lettura organizzata dalla biblioteca comunale ha ricevuto un violento diniego da esponenti politici. Né sembrano disponibili altri spazi, pubblici o privati, per la presentazione del volume nel centro silano.

In seguito a queste difficoltà, Alessio e Morrone hanno rinunciato a presentare il loro libro a San Giovanni in Fiore, spostando a Cosenza l’appuntamento del prossimo undici novembre.

Per ultimo, alcune librerie calabresi stanno informando i lettori che il testo è stato ritirato dal commercio.

“La società sparente” è sempre in vendita, invece, dalla pubblicazione nello scorso ottobre.

Emiliano Morrone

Francesco Saverio Alessio

lunedì 29 ottobre 2007

L'isolamento di chi denuncia. La Calabria è vittima di se stessa


Francesco Saverio Alessio, con me autore di "La società sparente", un libro sulla Calabria vinta dalla ’ndrangheta e dal clientelismo politico, è stato minacciato lo scorso 26 ottobre. Ha ricevuto a casa un biglietto non firmato. Lo abbiamo interpretato quale scherzo cattivo, per ora.

Come da copione, la notizia è stata data in Calabria solo da pochi organi di stampa, i quali da tempo seguono con grande sensibilità i temi forti in loco. La Rai regionale ha taciuto completamente, invece. E mi chiedo il perché di questo strano silenzio, costante, poi. Quindi, scarsa solidarietà in generale, a eccezione di amici e interessati al fermento per la legalità in Calabria, di cui Alessio e io siamo anche parte.

Nessun commento, non un gesto di vicinanza né voci d’appoggio da forze interne alla società civile, salvo l’immediato conforto di Giovanni Pecora, di "Per la Calabria", a nome di tutta la rete. Qualche blog su Internet s’è aggiunto con coraggio (http://giustizia-perseo.blogspot.com); poi nessuno, niente.

A me sembra che il dibattito sul dramma calabrese sia fermo all’occhio e all’eco della tv. Se la Calabria entra nel discorso sul sistema italiano come emblema della corruzione, ritengo che s’inquadri e divulghi nell’errore il suo problema: la malavita. Che è in primo luogo assenza, volontaria deresponsabilizzazione.

La questione, a mio avviso, è anzitutto culturale. Me ne rendo conto meditando sull’isolamento che con Alessio sto vivendo dall’uscita del libro.

Osservare i fenomeni legati alla criminalità, analizzarli e descriverli nel profondo non suscita condivisione e non è materia di confronto, sia in Calabria che presso gli intellettuali e i media italiani.

Sono in gioco interessi e poteri troppo grossi. E tanto basta, e come, perché il quarto potere si fermi con clangore solo su aspetti in emersione del problema calabrese; ignorando del tutto il fondale da cui originano.

Alessio e io abbiamo individuato nell’assistenzialismo a oltranza, voluto da Roma, e in movimenti elettoralistici fuori dello schema bipolare italiano alcune delle cause dell’espansione della ’ndrangheta.

Se la società non c’è, s’allarga il crimine organizzato. L’assistenza di Stato e la dipendenza prodotta dallo scambio di voti e dalla gestione degli elettori come matricole da sistemare sono il centro d’un carcinoma in metastasi. Per ciò, la Calabria si distingue dal resto del Sud e dell’Italia.

L’antropologo Francesco Mauro Minervino, che per ragioni professionali ben conosce la regione e la sua gente, parla della marginalità locale come impossibile da raccontare.

Lo scrittore Vittorio Messori, invitandomi alla cautela rispetto alla capacità propulsiva di Internet circa l’aggregazione dei calabresi reattivi, mi ha offerto uno spunto di riflessione. Per Messori, noi calabresi confermiamo il malaffare proprio quando i fatti ci impongono di combatterlo senza tregua. "Chi è causa del suo mal, pianga se stesso", verrebbe da chiosare.

Tutto il recente movimento per la giustizia e i diritti negati in Calabria non può limitarsi alla piazza. Né può continuare solo con un linguaggio di rumori e astrazioni, generalizzazioni, emozioni.

Ci vuole una rivoluzione culturale. Serve per moltiplicare le voci che chiedono libertà e aumentare la vigilanza critica su provvedimenti e fatti politici funzionali alla strategia della confusione, dell’abuso e dell’illegalità.

La brutta vicenda di De Magistris non è da limitare allo scontro sui media col guardasigilli Mastella. Lì a Catanzaro, in procura, ci sono apparentamenti noti e rapporti particolari di cui nessuno dice pubblicamente.

Oggettivamente, il punto vero è l’esistenza di "parentele" allargate, cui l’ex ministro Castelli ha fatto un piccolissimo accenno da Vespa, e l’uso di postazioni chiave per sbrogliare faccende molto ingombranti.

Che, in ordine a certe alleanze, si voglia parlare di massoneria, di ’ndrangheta tout court o di adeguate rappresentazioni geometriche dei rapporti in gioco, la sostanza non muta.

Guardando in trasparenza, questo è il male della Calabria: il fatto che viviamo sotto uno stesso tetto un po’ tutti. E quindi non possiamo sbilanciarci, non possiamo dissentire, non possiamo solidarizzare con chi i fatti ricostruisce, non possiamo denunciare.

Chi lo fa, è avvertito. Poi, non si sa. Ma si può immaginare.

Emiliano Morrone

emiliano.morrone@libero.it

venerdì 26 ottobre 2007

Minacciato Francesco Saverio Alessio, autore di "La società sparente"

Francesco Saverio Alessio, uno degli autori di “La società sparente”, libro su ‘ndrangheta e politica, ha ricevuto oggi intorno alle 17 un biglietto, nella sua abitazione in Calabria, con scritto, in ritagli di giornale, “attento alle tue mosse, taci”. Lo stesso Alessio aveva parlato lo scorso 1 ottobre, in occasione della presentazione del volume a Roma, in Campidoglio, del pericolo di ritorsioni personali, presente la parlamentare Angela Napoli, della Commissione antimafia.

Il testo, scritto insieme ad Emiliano Morrone e pubblicato dall’editore Neftasia di Pesaro, affronta il tema della corruzione e collusione in Calabria, raccontando vicende e nomi del malaffare nella regione e spiegando le ragioni dell’espansione mondiale della ’ndrangheta calabrese. Emiliano Morrone aveva riferito, durante la presentazione romana, di una serie di collegamenti fra la massoneria e l’inchiesta “Why not” condotta dal pm Luigi De Magistris, al quale le indagini sono state di recente avocate dal procuratore generale reggente di Catanzaro, Dolcino Favi.

In seguito, durante il sit-in del Comitato pro De Magistris davanti alla sede del Consiglio superiore della Magistratura, i due si erano esposti, lo scorso 8 ottobre, descrivendo rapporti fra centri di potere e la ’ndrangheta e sostenendo che recenti scelte amministrative sull’organizzazione regionale della sanità e della forestazione sono state compiute in Calabria per allargare clientele e consenso elettorale. Avevano aggiunto, dandone indicazioni, che ci sono legami fra politici di spicco calabresi e campani, finalizzati a finanziare attività di riciclaggio e copertura gestite dalla camorra. Per Alessio, che si dice comunque tranquillo, dopo l’accaduto, «il clima è torbido e anche confuso, quindi occorre non spaventarsi ma nemmeno sottovalutare».

Immediatamente, è arrivata ad Alessio la solidarietà della rete "Per la Calabria".

sabato 20 ottobre 2007

De Magistris: "Ci avviamo al crollo dello stato di diritto"


PM CATANZARO: AVOCATA INCHIESTA ’WHY NOT’ CATANZARO - Ansa - La Procura generale di Catanzaro ha avocato l’inchiesta Why Not sul presunto uso illecito di finanziamenti pubblici di cui era titolare il pm Luigi De Magistris. Lo si è appreso stamani in ambienti giudiziari.

L’avocazione è stata disposta dal procuratore generale facente funzioni, Dolcino Favi, e sarebbe stata motivata da una presunta incompatibilità di De Magistris nel procedimento legata alla richiesta di trasferimento cautelare d’ufficio che è stata fatta nei suoi confronti dal ministro Mastella. Nel caso specifico sarebbe stato ravvisata una incompatibilità nel procedimento da parte di De Magistris proprio per il coinvolgimento del ministro. La situazione determinatasi dopo la richiesta di trasferimento, secondo quanto si è appreso, avrebbe dovuto imporre l’astensione da parte del pm. Siccome l’astensione non c’é stata, né il capo dell’ufficio ha provveduto alla sostituzione del magistrato titolare dell’inchiesta, il procuratore generale ha provveduto all’avocazione applicando l’art 372 lettera A del codice di procedura penale. La norma prevede l’obbligo per il procuratore generale di disporre l’avocazione nel momento in cui ravvisi una situazione di incompatibilità. Il procuratore generale ha deciso di valutare la situazione dopo che si è appreso che il ministro della Giustizia è stato iscritto nel registro degli indagati. Nell’inchiesta, oltre a Mastella, sono indagati, tra gli altri, il presidente del Consiglio, Romano Prodi, esponenti politici del centrodestra e del centrosinistra e imprenditori.

DE MAGISTRIS, FINE INDIPENDENZA MAGISTRATI "Ancora una volta vengono rese pubbliche a mezzo stampa notizie riservate che riguardano il mio ufficio, le mie indagini, e la mia persona. Se è vero quello che l’Ansa ha scritto, non avendo io ricevuto alcuna notifica, ci avviamo al crollo dello stato di diritto, registrandosi anche, nel mio caso, la fine dell’indipendenza e dell’autonomia dei magistrati quale potere diffuso". Lo ha detto il pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, in una dichiarazione all’ANSA, in merito all’avocazione dell’inchiesta Why Not da lui condotta da parte della Procura generale.

Anche su la Voce di Fiore

La procura generale di Catanzaro ha tolto l'inchiesta Why not a De Magistris. Lo stato di diritto è in pericolo

Catanzaro, 20 ott. (Adnkronos) - A quanto apprende l'ADNKRONOS, la procura generale di Catanzaro avrebbe tolto la titolarita' dell'inchiesta 'Why not' sul presunto uso illecito di finanziamenti pubblici al sostituto procuratore Luigi De Magistris. In particolare, il procuratore generale Dolcino Favi avrebbe avocato a se' l'indagine a causa di un'incompatibilita' di De Magistris legata alla richiesta di trasferimento cautelare avanzata dal ministro della Giustizia Clemente Mastella nei confronti del pm di Catanzaro.

Politica e informazione d'affari

Dalla mala-politica alla mala-informazione: eccoli i poteri forti


di Chicco Alfano
venerdì 19 ottobre 2007 - il pezzo è già su Ammazzateci tutti
Chicco AlfanoSoltanto se ti affacci alla finestra capisci di essere nel 2007, per la tecnologia che ci circonda, altrimenti la sensazione che si ha è la stessa che c’era nel 1992 poco prima delle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Dopo la persecuzione professionale nei confronti di De Magistris i poteri forti, i poteri occulti, quegli uomini che si spacciano per politici, hanno deciso di passare alla seconda fase: una busta con un bel proiettile, ovviamente con una stella a cinque punte per depistare le indagini, per dirgli chiaramente adesso basta.
La stessa identica cosa che capitò al povero Giovanni Falcone, che arrivato a toccare i veri comandanti, si ritrovò con vari deferimenti al CSM, con amici che lo tradirono al momento in cui si votò la sua nomina a procuratore capo di Palermo o quando, sciolto il pool, si ritrovò a dover combattere con l’allora Procuratore Capo che dimenticava di effettuare richieste di rogatorie o che addirittura lo relegava ad effettuare anticamere lunghissime.

Dopo passarono all’attentato dell’Addaura del 1989 quando nella residenza estiva di Giovanni Falcone fu trovato un borsone pieno di tritolo che però non era innescato, pochissimi attestati di solidarietà ma moltissime critiche da parte di quasi tutta la politica che paventava addirittura che Giovanni Falcone quell’attentato se lo fosse preparato da solo.
Fallita anche questa pratica iniziò il linciaggio morale con le famosissime lettere anonime che, si diceva venissero dall’interno della stessa procura di Palermo, attaccavano il giudice dicendo che usava la magistratura soltanto per scopi personali quali il ricatto ai fini di carriera in magistratura o addirittura carriera politica.
L’ultimo passaggio fù invece l’esplosivo in autostrada a poche centinaia di metri da Capaci che spense definitivamente la vita di un uomo che non sapeva dire SI a nessuno.
Andò meglio, si fa per dire, a Paolo Borsellino lui dopo il maxi processo capì subito il clima che si stava creando attorno a loro e decise di andare a lavorare a Marsala come procuratore capo.
Una procura che non si era mai occupata di mafia mentre lui aveva intuito il peso mafioso che Trapani aveva e decise di andarci.

Incominciò a scoperchiare le pentole, a ricostruire i passaggi, a dare un volto ai personaggi politici e non che spadroneggiavano in quella provincia che deteneva il primato italiano in proporzione al numero degli abitanti della presenza di banche cooperative agricole e di società finanziarie, capì immediatamente che la provincia di Trapani non era altro che una lavanderia di cosa nostra.
Anche lui fù oggetto delle stesse attenzioni di Giovanni Falcone e anche lui morì saltando in aria con il tritolo.
Oggi i poteri forti hanno capito che l’utilizzo del tritolo comporta soltanto delle seccature, quali il controllo massiccio del territorio, e lo sa bene cosa nostra dopo il periodo stragista del 1992 quando all’indomani della strage di via d’Amelio la Sicilia fu invasa dai militari dell’esercito impegnati nella famosissima operazione Vespri Siciliani” che durò per diversi anni.
Allora il sistema ha pensato di cambiare strategia: perché non fare una leggina che permette al Ministro di Grazia e Giustizia di turno di interferire nella attività della magistratura?

Detto fatto il nostro Ministro di Grazia, e basta perché di giustizia fino ad oggi non se ne è fatta ad eccezione di provvedimenti personali, decide di portare in aula il nuovo ordinamento giudiziario che alla fine non è altro che un grosso regalo fatto alle mafie e a tutti i politici beccati con le mani nella marmellata.
Prima vittima l’integerrimo De Magistris.
Un magistrato che non sta facendo altro che il suo mestiere per il quale è pagato, ma siccome ha toccato degli interessi molto forti e uomini influenti il nostro sistema politico ha deciso che doveva essere eliminato, non con il tritolo, semplicemente mandando degli ispettori presso la procura dove egli lavora.
Ispettori che alla conclusione della loro visita a Catanzaro concludono dicendo che questo magistrato deve essere rimosso con carattere d’urgenza.
Questa richiesta ha però provocato una reazione da parte di una parte della società civile che nessuno si sarebbe mai aspettato: la richiesta molto forte di non trasferire il magistrato.

Nasce così lo striscione “E ADESSO TRASFERITECI TUTTI”, sorretto dai fratelli Pecora durante il primo sit-in spontaneo davanti alla procura di Catanzaro all’indomani della richiesta da parte di Mastella sul trasferimento di De Magistris.
Parte una lettera di Sonia Alfano, sottoscritta anche da Salvatore Borsellino, in cui si chiede al capo dello stato il suo autorevole intervento per porre fine alla sgradevole presenza di Mastella nell’esecutivo di governo.
Nasce così la partecipazione di migliaia di ragazzi che con le loro firme, quasi cento mila tra cartacee ed online, chiedono al CSM di non toccare De Magistris.
Nella storia della Repubblica italiana non era mai successo che venissero prese le difese di un magistrato sottoposto a richiesta di trasferimento per incompatibilità ambientale da parte della società civile, si era invece abituati a riempire le piazze dopo che questi venivano assassinati.

Uccisi con cariche di tritolo, a colpi di mitra, con falsi incidenti dopo aver subìto linciaggi morali che avrebbero portato all’isolamento che è l’ anticamera della morte materiale.
Si è detto no, si sono organizzati banchetti per la raccolta firme anche in Sicilia dove purtroppo l’antimafia era diventata troppo parolaia e poco presente nelle piazze, troppo presente nei convegni passerella e poco presente nei quartieri degradati.
Abbiamo deciso in Sicilia di riportare,almeno un parte lo ha fatto, l’antimafia per strada e devo dire che la presenza dei ragazzi dei meetUp di Palermo è stata davvero fondamentale, ragazzi di venti anni che fortunatamente non hanno vissuto il periodo delle catene umane o peggio ancora quello di vedere le lacrime dei poliziotti, carabinieri e finanzieri quando vedevano i corpi dei loro colleghi fatti a brandelli dal tritolo.
Una mobilitazione che non accadeva da tantissimi anni.

Qualcuno rispondeva che avrebbe voluto firmare ma che aveva paura che se Mastella si fosse dimesso sarebbe caduto il governo.
Ma allora che cada questa governo che viene rappresentato da personaggi che nei loro armadi non contengono scheletri ma cimiteri, personaggi come lo stesso Mastella che è il testimone di nozze di un pentito di mafia, Francesco Campanella affiliato al mandamento di Villabate alle porte di Palermo, ragazzo intraprendente che è stato fino al 2003 il segretario nazionale dei giovani dell’UDEUR, lo stesso che approfittando della carica istituzionale di presidente del consiglio comunale di Villabate ha procurato la carta d’identità falsa a Bernardo Provenzano per potersi andare ad operare in Francia.
Lo stesso Mastella che nel 1974, per sua stessa ammissione, viene assunto presso la sede RAI di Napoli per raccomandazione diretta di Ciriaco De Mita e che un anno dopo si candida al parlamento nazionale e durante la pausa pranzo chiama dal centralino della RAI i sindaci dei comuni ricadenti nel suo collegio spacciandosi per il direttore generale che segnalava il baldo giovane.

Lo stesso che ci parla di moralità, la stessa storia del bue che dice cornuto all’asino.
Un politico che con il suo partito ha ottenuto l’1,5 % alle ultime elezioni e che tiene sotto minaccia questo governo precario.
O come la storia del Ministro Amato che si permette di tacciare di qualunquismo un ragazzo palermitano solo perchè gli ha chiesto, in occasione della commemorazione Falcone, di non fare entrare inquisiti e condannati nelle aule parlamentari.
Lo stesso ministro che decide di non prendere posizione sullo scioglimento del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto dopo che una commissione prefettizia di accesso agli atti gli dice, con una relazione di ben 143 pagine, che la situazione in quel comune è davvero inquietante, lo stesso ministro che in pieno periodo tangentopoli era il tesoriere del Partito Socialista Italiano, lo stesso partito di Bettino Craxi.

Ma purtroppo oggi non dobbiamo difenderci solo dalla mala politica, ma dobbiamo guardarci le spalle anche dalla mala informazione, da tutte quelle testate giornalistiche che sono serve della casta, ed ultimo esempio lampante lo abbiamo con il quotidiano Calabria Ora.
Il suo direttore Polichieni ha avuto l’ordine di caricare la penna di mirare e sparare addosso all’antimafia, addosso a chi combatte quotidianamente il malaffare mettendoci la faccia.
Un attacco fatto in malafede, sbagliando sapendo di sbagliare solo per ripagare i favori ottenuti nel tempo dai suoi amici politici calabresi indagati e condannati.
Se ne uscito con un articolo dal titolo a nove colonne in cui attacca il movimento Ammazzateci Tutti di aver preso un finanziamento dal consiglio regionale della Calabria per l’organizzazione del meeting legalìtalia, svoltosi ad agosto a Reggio Calabria, arrivando a conclusione che Aldo Pecora predica bene ma razzola male perché attacca il consiglio regionale della Calabria, che risulta essere il più inquisito in Europa, e poi ne richiede allo stesso finanziamenti.
È tutto totalmente falso e privo di fondamento.

Un buon giornalista prima di pubblicare le notizie dovrebbe andare a verificare ciò che intende pubblicare, a maggior ragione se la vittima è un movimento antimafia, ed evitare di fare magre figure, per non usare un altro termine, a meno che la notizia non la si vuole far passare così come è.
È qui scatta la malafede perché il sig. Polichieni sa benissimo che il finanziamento, che tra l’altro non è ancora arrivato, non è stato richiesto al consiglio regionale ma alla Giunta regionale e quindi ente diverso, bilancio e capitoli diversi ed anche un bambino che frequenta le scuole elementari è a conoscenza di questa separazione amministrativa.
Altra cosa il movimento non nasce per allevare candidati, ma nasce semplicemente dalla voglia di dire basta a questo sistema fatto di connivenza tra la politica la mafia e la massoneria che il direttore di Calabria Ora conosce benissimo dato che dopo aver avuto dei incidenti di percorso anni addietro con la giustizia, quali un arresto con conseguente processo, condanna in primo grado e assoluzione in secondo grado, a suo dire si professa vittima di un errore giudiziario o di chissà quale montatura contro di lui.
Se così fosse stato vero il Polichieni dovrebbe combattere questo sistema rimanendo accanto ai giovani Calabresi e non attaccarli perché altrimenti passa tutt’altro messaggio.
Ma siccome nelle vita sono abituato a guardare con sospetto tutto ciò che mi circonda, guardo con sospetto anche il direttore Polichieni , e penso che la sua malafede sia reale.
Caro direttore le voglio ricordare che Aldo Pecora non è solo ma ha alle spalle un movimento formato da tanti ragazzi, ha alle spalle familiari di vittime della mafia come Sonia Alfano, Rosanna Scopelliti il sottoscritto e tanti altri e mi creda non appoggeremmo mai un ragazzo che vorrebbe costruirsi la propria carriera politica sulle nostre spalle perché noi siamo stufi del sistema e siamo stufi dei servi del potere.

Le vorrei ricordare un’altra cosa: un vero giornalista la notizia non la costruisce al desk ma la insegue e si ricordi che a legalìtalia eravamo tantissimi e non poche decine come il suo giornale ha pubblicato, come del resto non ha pubblicato la notizia che il movimento ha aperto una sede anche in Lombardia, in Lombardia direttore, dove la mafia la ‘ndrangheta la camorra e la sacra corona unita rinvestono il loro denaro guadagnato illecitamente per ripulirlo.
Ma lei queste cose non le scrive perché non interessano né a lei né al suo Editore e su questo Sicilia e Calabria sono uguali perché anche da noi il buon Ciancio, padrone dell’informazione siciliana, si comporta come voi.

Noi non vogliamo essere l’antipolitica, noi vogliamo semplicemente far capire alla gente che la lotta alla mafia non si deve fare perché è opportuno per qualche poltrona ma perché e giusto farla per il futuro dei nostri figli e per rispettare tutti coloro che sono morti per combattere questa guerra.
Vorrei solo lanciare un appello a tutti: non attaccatevi troppo ai politici di turno perché ricordatevi che una volta le mafie si servivano della politica mentre invece oggi è la politica che ha bisogno delle mafie e la storia ce lo ricorda, quindi non abbiate paura di fare una scelta, unica e secca perché al contrario di quello che disse l’allora ministro Lunardi, con le mafie non si può e non si deve convivere, e non possiamo permettere alla politica di attaccare la democrazia o peggio ancora non possiamo permettergli di continuare a gestire il paese come se fosse una società privata.

Chicco Alfano


venerdì 19 ottobre 2007

Mastella indagato da De Magistris

De Magistris indaga su Mastella. Il ministro: «Sono estraneo»

Il Guardasigilli: a primavera si vota


de magistris

Dal quotidiano L'Unità. Mastella? Why not. Nella sterminata lista degli iscritti al registro degli indagati nell’inchiesta della Procura di Catanzaro, ora spunta anche il nome del ministro della Giustizia Clemente Mastella. Sì, proprio il ministro che da settimane porta avanti una dura campagna contro il pubblico ministero Luigi De Magistris finisce anche lui sotto la lente d’ingrandimento del pm che ha raccolto informazioni su centinaia di politici, giornalisti, uomini d’affari, membri della Commissione Antimafia, prefetti, direttori del Sismi, della Dia, delle Poste. Di tutto di più. Nell'inchiesta, la Why not appunto, De Magistris indaga sull'esistenza di una sorta di "nuova tangentopoli" che vedrebbe all’ordine del giorno truffe e finanziamenti illeciti, una vera e propria associazione a delinquere.

Un terremoto che ha avuto nuove scosse dalla decisione del ministro Mastella di chiedere il trasferimento del pm calabrese, per la sua «vigilanza assai inefficace» sull'iter di alcune inchieste, nonché per «comportamenti svincolati dalle norme processuali, ordinamentali e deontologiche». Ma ad oggi, gli ispettori del ministero della Giustizia non hanno trovato nulla e sul caso De Magistris si è alzato il polverone di chi teme che la fretta di Mastella sia dovuta al fatto che il pm è arrivato dove non doveva arrivare. Così la solidarietà del mondo delle associazioni, su tutti i ragazzi di Locri, dei parenti delle vittime di mafia, del gip Clementina Forleo, l’altro magistrato che è convinta di non andare giù ai politici.

Mastella, per ora si dice tranquillo, sereno e soprattutto estraneo ai fatti. E comunque parla d'altro, delle elezioni che lui ora vedrebbe bene nella prossima primavera.

Dalle prime indiscrezioni, pare che al centro delle accuse contro Mastella ci siano i suoi presunti rapporti con l'imprenditore Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria e pedina centrale dell'inchiesta Why Not, dal nome dell’agenzia interinale intestata allo stesso Saladino. Agli atti, ci sarebbero intercettazioni telefoniche tra il ministro e l’imprenditore. Mastella, comunque, non ha ancora ricevuto nessun avviso di garanzia: ha scoperto di essere indagato, dice, «da notizie giornalistiche». «Se così è – ha commentato – dichiaro di attendere serenamente gli sviluppi di questa situazione». E sottolinea di «non essere mai stato iscritto a nessuna loggia massonica, né in Italia né all'estero, e di non aver mai partecipato a comitati d'affari o a singoli affari, come testimonia la mia trentennale vita pubblica e parlamentare nella prima, nella seconda e spero anche nella terza Repubblica». De Magistris permettendo.

mercoledì 17 ottobre 2007

Aldo Pecora risponde a Calabria Ora, diretto dal misterioso Paolo Pollichieni

N.B. L'articolo è pubblicato sul sito di Ammazzateci tutti

di Aldo Pecora
domenica 14 ottobre 2007

Il direttore di Calabria Ora, Paolo Pollichieni. Comprereste un'auto usata da quest'uomo?Venghino siòri venghino! Mangiafuoco, tigri del Bengala, elefanti del Tibet, pagliacci, donne barbute e trampolieri: è il Gran Circo della malainformazione calabrese.
Come se non bastassero in Calabria la mafia, la malapolitica ed il malaffare, macchè. Ecco che i poteri forti lanciano la controffensiva, e lo fanno – ovviamente – schierando innanzi all'esercito del male quasi dei killer spietati, armati però non di lupara ma di penne (forse di quelle Montblanc, comprate dal Consiglio regionale per i suoi consiglieri pluri-inquisiti?) che scrivono, scrivono, scrivono. Che credono di saper scrivere, ma ti accorgi che non sanno (o non vogliono) neanche leggere. E' questo il più grave dei problemi di questa terra disgraziata.

Ci ho pensato a lungo prima di fare questo passo, perché so che è quello che certamente non risparmierà me, i miei amici e la mia famiglia da altre preoccupazioni. Ma devo farlo, e lo faccio in occasione della pubblicazione oggi in primo piano su “Calabria Ora” di una intera pagina, nella quale con titolone a nove colonne “Adesso finanziateci tutti” ci “accusano” di aver preso soldi da quello stesso consiglio regionale pluri-inquisito e per il quale da tempo chiediamo lo scioglimento.
Siamo davvero arrivati al paradosso. Quello stesso giornalista, che definirei giornalaio se non avessi paura di offendere gli edicolanti, che esordisce tacciando Ammazzatecitutti come “antipolitica in salsa calabrese” scrivendo egli stesso poi che quei soldi servivano a realizzare “Legalitàlia”, il meeting nazionale dei giovani antimafia da noi organizzato a Reggio Calabria dal 9 all'11 agosto scorsi in occasione del sedicesimo anniversario dell'uccisione del giudice Antonino Scopelliti e dell'apertura della fondazione a lui intitolata, ovviamente dimentica di specificare che il meeting ha avuto, accanto a quello del Comune di Reggio Calabria, anche i più alti patrocini istituzionali: dal Presidente della Repubblica a quello del Consiglio dei Ministri, al Ministero per le Politiche giovanili, alla stessa Giunta regionale (attenzione, dalla Giunta, non dal Consiglio...), unitamente all'apprezzamento ed al sostegno di don Luigi Ciotti e dell'associazione Libera ed all'affetto dimostratoci in quei giorni con la propria presenza dai migliori magistrati antimafia calabresi quali Salvatore Boemi, Nicola Gratteri, Vincenzo Macrì, e dall'allora meno noto Luigi De Magistris. Senza dimenticare l'eccezionale presenza di poliziotti e carabinieri in tutta la tre giorni, anche di quelli non in servizio o in ferie.

All'anima dell'antipolitica! Se questo vuol dire essere contro le Istituzioni, quasi peggio della mafia, allora i calabresi hanno di che ben sperare. Ma non voglio parlare di questo, almeno per ora. Non voglio neanche ragionare su soldi e quant'altro, lo farò più avanti, anche perché, statene certi, questa volta faremo con internet ciò che Peppino Impastato faceva con la sua radio.

Voglio approfittarne per aprire un'ampia e circostanziata parentesi sull'informazione, perché a questo punto sono davvero convinto del fatto che la 'ndrangheta calabrese ha di gran lunga superato per potenza e pervasività la mafia siciliana e la camorra campana.
E' chiaro: noi calabresi siamo più furbi, tremendamente e spietatamente più furbi: o riusciamo a comprare i giornalisti o ci facciamo direttamente i nostri giornali. E' quello che è successo ad un quotidiano calabrese, nato - guarda caso – all'indomani dell'omicidio Fortugno esordendo con slogan del tipo “quello che gli altri giornali non dicono”.
E così è stato, effettivamente. “Calabria Ora” sotto la direzione di Paride Leporace ha davvero esordito col botto nel panorama dell'informazione calabrese, a suon d'inchieste, pubblicazione di intercettazioni telefoniche, finanche subendo la perquisizione della propria redazione centrale ed il sequestro della famosa relazione d'accesso sulla Asl di Locri, quella stessa relazione che il Vice Ministro dell'Interno Marco Minniti (oggi candidato unico alla segreteria regionale calabrese del Partito Democratico) avrebbe voluto far leggere nelle scuole e che, invece, gli inquirenti hanno deciso di secretare.

Ad onor del vero anche il sottoscritto in prima persona, assieme ad altri ragazzi del Movimento, siamo stati osservati, ascoltati, pubblicati e promossi nelle nostre denunce da questo quotidiano calabrese, al quale certamente anche l'esclusività di tale rapporto di collaborazione ha contribuito notevolmente all'iniziale lancio e successo della nuova testata. Ma è durata poco. Nel nostro caso siamo stati, per così dire, "sedotti e abbandonati" da questo giornale che, ad un certo punto – guarda caso poco dopo la querelle con il diessino Presidente del Consiglio regionale della Calabria Giuseppe Bova – ha cominciato a cambiare linea editoriale fino anche al direttore, lo scorso marzo.



Oggi Calabria Ora è diretto da Paolo Pollichieni, quello stesso Pollichieni che qualche anno addietro (ai tempi capo redattore della Gazzetta del Sud di Reggio Calabria) fu arrestato e condannato in primo grado con l'accusa di associazione per delinquere e poi assolto in appello. Sappiamo anche che Pollichieni non ha mai avuto grande simpatia per Ammazzatecitutti, lo abbiamo toccato con mano all'indomani della manifestazione del 17 febbraio a Reggio Calabria, quando un cronista dell'Ansa calabrese ha diffuso “erroneamente” la notizia di “soli 500 partecipanti”, in barba agli oltre 20 pullman auto-finanziati arrivati a Reggio Calabria da mezza Italia e dello stesso dato della Questura che aveva stimato le presenze intorno a duemila ragazzi. Nonostante allora la nostra smentita riportata dalla stessa Ansa, con tanto di scuse, Pollichieni, assente alla manifestazione, ritenne per buono
solo il primo dato con evidente mala fede, e scrisse un editoriale che parlava di quella manifestazione antimafia come di un “flop” e titolando “l'antimafia torni una cosa seria”. Meno di un mese e Paolo Pollichieni diverrà il nuovo direttore di "Calabria Ora".

Sotto la sua direzione Calabria Ora si è guadagnata la fiducia del diessino pluri-inquisito vice Presidente della Giunta regionale della Calabria ed Assessore regionale al turismo Nicola Adamo, che ha affidato a Pollichieni un ruolo fondamentale per la comunicazione - supponiamo non a titolo gratuito - in quella obbrobriosa e controproducente campagna pubblicitaria della Regione Calabria firmata da Oliviero Toscani, costata non so quante centinaia di migliaia di euro ai contribuenti calabresi.

Gli italiani, non solo i calabresi, le sanno queste cose? Sarà mai un giornalismo super partes quello di Pollichieni e di Calabria Ora? Avete mai visto un giornale attaccare gratuitamente e ripetutamente un intero movimento antimafia ed “isolare” i suoi attivisti? Forse a questo livello non si è mai arrivati neanche in Sicilia ed in Campania. Lì i giornalisti erano contro la mafia, non contro l'antimafia.

Per fortuna che c'è chi ha ancora oggi il vizio della memoria. La prima vera ed ultima, purtroppo, “Ora” era quella coraggiosissima di Palermo, ed i suoi migliori giornalisti, scomodi giornalisti come Mauro De Mauro la mafia li ha ammazzati... uno aveva la mia età quando l'hanno ammazzato, si chiamava Giovanni Spampinato, collaborava anche con “L'Unità”. Sicuramente il giornalismo d'inchiesta siciliano era sano, vero ed eroico, e la prova ne sono purtroppo le uccisioni di cronisti scomodi quali Beppe Alfano, Pippo Fava, Mauro Rostagno, Mario Francese, Cosimo Di Cristina. E, spostandoci in terra di camorra, come dimenticare Giancarlo Siani, straordinaria penna de “Il Mattino” di Napoli.
Eccoli i miei punti di riferimento, i miei numi tutelari, quando penso oggi al putridume che sta intorno a certi pseudo-giornalisti calabresi.

Per carità, fortunatamente l'informazione calabrese non si ferma a Paolo Pollichieni e Calabria Ora. C'è anche tanta altra stampa seria e coraggiosa in Calabria, ed è l'unica cosa che tiene viva in me ed i miei amici la tenue fiammella della speranza che anima le nostre lotte per la legalità e per la liberazione della nostra regione: in Calabria, per fortuna, ci sono anche i giornalisti (di molte altre testate serie) che non sono contro l'antimafia.
Mi rivolgo allora proprio ai giornalisti di tutta Italia, ai loro sindacati, alle associazioni di categoria, agli editori: siete voi che detenete l'unico passpartout in grado di sconfiggere ogni mafia e potere occulto. I vostri occhi, le vostre orecchie, le vostre bocche, le vostre penne sono l'unico antidoto contro un nemico fatto non solo di omertà e silenzi, ma anche, purtroppo, delle necessarie connivenze e coperture non solo Istituzionali ma anche mediatiche.

Ecco perché ho deciso di mettere in rete questo lungo ragionamento, che è solo il primo di una lunga serie: perché è giusto che su molte cose si conoscano i fatti e le persone, soprattutto prima di acquistare certi giornali, o dare credito a ciò che dicono. E metterò tutto su Internet, lontano dalle censure e dai taglia e cuci giornalistici di tutte le Caste (o Cosche, che dir si voglia). Come metteremo certamente on line, per tacitare questi immondi latrati, il bilancio trasparentissimo delle entrate e delle uscite per l'organizzazione di "Legalitàlia", per il quale siamo tutt'ora indebitati fino al collo, chiedendo contestualmente che si faccia la stessa cosa con il bilancio di Calabria Ora e sfidando a fare parimenti anche il suo direttore Pollichieni, con la sua dischiarazione dei redditi, altrimenti lo faremo noi.

Una cosa, però, mi chiedo e vi chiedo a questo punto: alla luce di tutto ciò che ho scritto, del quale questo è solo “l'aperitivo” e che sono in grado ovviamente di documentare parola per parola, secondo voi Beppe Alfano e Giancarlo Siani scriverebbero mai per "Calabria Ora"?

Aldo Pecora

Su Repubblica, Alberto Custodero ha definito "La società sparente" il manifesto politico dei giovani calabresi in lotta contro la 'ndrangheta

ROMA (La Repubblica, 9 ottobre 2007, pag. 4) - Nel giorno in cui la sezione disciplinare del Csm ha rinviato al 17 dicembre la decisione sul trasferimento del pm di Catanzaro Luigi De Magistris e del suo capo Mariano Lombardi, continua la polemica sull´allarme terrorismo lanciato da New York da Clemente Mastella. La dichiarazione del ministro della Giustizia ribadita ieri con un «non ci faremo processare sulle piazze», ha suscitato reazioni e critiche bipartisan. Da destra e da sinistra sono arrivati inviti al Guardasigilli di riferire in Parlamento. A prendere le distanze dal ministro, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, secondo il quale «non c´è mai una determinazione meccanica tra una condizione sociale, economica, religiosa, un disagio, una sofferenza, e il terrorismo». Paolo Cento, dei Verdi, sottosegretario all´Economia, attacca frontalmente il Guardasigilli («Mastella sbaglia ad evocare il fantasma del terrorismo»), mentre il vicepremier Francesco Rutelli frena: «Andiamoci piano - dice - usiamo le parole con parsimonia». Proteste anche dall´opposizione. Alfredo Mantovano, di An, membro del Copaco, ritiene che «messaggi estemporanei e sommari, come quelli lanciati da New York dal ministro Mastella, non aiutino e generino soltanto confusione». È slittato, intanto, al 17 dicembre l´esito dello scontro tra il ministro della Giustizia (che ne ha chiesto al Csm il trasferimento per «incompatibilità ambientale»), e Luigi De Magistris. Il sostituto procuratore di Catanzaro, all´uscita dal Csm, è stato accolto da applausi e da slogan da stadio («De Magistris non mollare»), da una folla di sostenitori giunti da tutta Italia, non solo dalla Calabria, ma anche da Padova e Verona. «Sono tranquillo - ha commentato Luigi De Magistris - e sereno. Ho letto le ultime contestazioni e confermo: sono assolutamente convinto di dimostrare la correttezza del mio operato punto su punto». «Per questo - ha aggiunto - non posso che continuare a lavorare. Il consiglio deciderà autonomamente, garante dell´autonomia e dell´indipendenza della magistratura». Il suo superiore, il procuratore capo Mariano Lombardi, non era presente per motivi di salute. Per lui, un eventuale trasferimento a dicembre avrà un valore poco più che simbolico, poiché - come ha fatto notare il suo difensore, Fausto Zuccarelli - «a febbraio decadrà naturalmente dal suo incarico che ricopre da più di otto anni». Per tutta la mattinata, in piazza Indipendenza, davanti alla sede del Csm, s´è svolto un sit-in dei sostenitori di De Magistris. C´era Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, ucciso dalla mafia. C´erano i ragazzi del meet up di Beppe Grillo di Roma e quelli di Locri del comitato «ammazzateci tutti» con uno striscione «e adesso trasferiteci tutti». Ed erano presenti Emiliano Morrone e Francesco Alessio, autori del libro sulla Calabria «La società sparente» (evocazione del testo del filosofo Gianni Vattimo «La società trasparente»), diventato il manifesto politico dei ragazzi calabresi in lotta contro la 'ndrangheta.

ALBERTO CUSTODERO

La società sparente alla Fiera del Libro di Francoforte


“I know this book won’t be a bestseller, but if it touches just one person then it will have been worth it,’ said Giancarlo Trepans, at the Forum Dialog this afternoon to launch the ‘Writer’s Under Attack’ publishing programme by the two-year-old Italian publishing house Neftasia Editore.

Trepans is the author of the novel ‘How Long Since,’ one of the first titles published in the series. The novel depicts an encounter between a priest - one who has devoted his life to saving exploited children in places like Sierra Leone and Chechnya - and a journalist who wishes to record the stories.

Neftasia publisher Stefania Campanelli said the series will focus on publishing the works of writers who have been persecuted, censored or exiled. One book will be published in the series each month and a total of 15 titles is already planned. Campanelli is seeking a partner to publish and distribute the books in English.

Musa Mutaev, a Chechen writer who lives in exile in Norway, presented a short reading from his new collection of short stories ‘The Green Sun,’ also among the first titles to be launched. Also among the first four title are ‘I Am Guilty,’ a collection of essays by the Bangladeshi writer Salah Uddin Shoaib Choudhury and an anti-mafia tract by Italian journalists Emiliano Morrone and Francesco Saverio Alessio entitled The Disappearing Society.

Dr. Johano Strasser, president of PEN Germany, remarked that the ‘Writers Under Attack’ series is likely help raise awareness of the persecution of writers beyond the obvious countries - China, Cuba, Iran, Eritrea and Myanmar. ‘This, in itself, makes the project a worthy thing to do,’ said Strasser.

Neftasia is already helping to instigate change: The publisher has convinced its hometown of has to join the International Cities of Refuge Network (ICORN) which offers a safe have to writers in exile.